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domenica 23 agosto 2020

Audio video registrazione in casa

La canzone incomincia così: "Chiuso in casa per la pandemia / che cribbio posso fare?"

Nei miei 20 anni, sapendo strimpellare un po' la chitarra ed essendo pessimo come cantante, avevo composto a orecchio un certo numero di canzoni, non tutte da buttare e qualcuna perfino eseguita in pubblico. Ma erano altri tempi e un'altra storia.

La scorsa primavera, con le ordinanze che ci chiudevano in casa e la mia vecchia idea di fare un video da "sala di registrazione", mi metto dunque al pianoforte (campionato, in una tastiera elettronica) a pestare giù tre accordi. Quello che ne è venuto fuori alla fine, se volete potete ascoltarlo, a vostro rischio e pericolo, è qui.

 

La cosa comunque è tecnicamente interessante.

Per la parte musicale, ho usato una scheda esterna M Audio Fast Track acquistata diversi anni fa, compatibile con PC e Mac ma che, a quanto pare, ha qualche problema con le interfacce USB3, per cui ho dovuto connetterla a un computer vecchio (e qualche volte mi dice che il flusso dei dati non è abbastanza veloce!). Dispone di un attacco XLR per microfono e di uno tipo jack da 6,35 mm per uno strumento musicale. Quindi in questo caso ho potuto per esempio registrare il piano e la voce su due tracce diverse. La scheda veniva fornita con il software Pro Tools SE di AVID che - a parte che con Windows 10 non mi funziona più molto bene - consente la sovrapposizione di molte tracce audio e MIDI. Io il MIDI, dopo averlo provato negli anni 90 quando ancora usavo Amiga, l'ho lasciato perdere e lo conosco solo per quello che vedo fare da amici musicisti veri (anche se alcuni spiriti burloni hanno inserito il MIDI nelle conoscenze "base" - opzionali! - per la patente europea del computer, ma qui siamo decisamente sul surreale!) Comunque era per dire che, dopo le prime due tracce, ne ho sovraincise altre, sempre di strumenti che suonavo io, utilizzando a seconda dei casi il microfono o la connessione jack. Per la precisione: chitarra acustica ritmica e controvoce (insieme, con un antico microfono "casalingo" Sennheiser strepitoso e adattatore HLR-Jack ), basso, chitarra elettrica e "batteria". Il software contiene quello che serve per mixare e allineare le tracce, con anche un numero cospicuo di effetti per il canto, le percussioni, il basso e la chitarra elettrica (nel mio caso, le ho dato una buona voce, ma per quelli che in fondo si aspettano un assolo, beh, non ci siamo, troveranno un'altra cosa!)

Lo scopo non era solo incidere una canzone tutta da solo, ma anche, sempre da solo, vedere se riuscivo a farci un video (abbastanza folle ma, per imparare davvero, meglio di tanti corsi di aggiornamento!). Non un videoclip, ma le registrazioni dei vari "musicisti" (cioè sempre io!) all'opera, sincronizzate con i suoni prodotti.

Piazzo quindi 3 videocamere, un telefonino e una GoPro su treppiedi e supporti vari nella stanza dove registro piano e voce, e accendo tutto prima di incominciare la canzone. Ovviamente qualche volta sbaglio, rifaccio, e mi ritrovo alla fine con 4 video della registrazione giusta, perché la GoPro sul più bello si è messa a scattare fotografie in sequenza (non era quello che le avevo chiesto, ma non la usavo da molto e devo aver sbagliato a toccare qualcosa).

In quei giorni mi sto esercitando con la versione gratis di Da Vinci Resolve e provo a fare il primo montaggio con quello. Non riesco a usare la funzione che sincronizza video diversi a partire da un sonoro comune (posso capire il software: dato che il piano andava direttamente nella scheda, via cavo, quello che hanno potuto registrare le videocamere è la mia voce!) e allora faccio manualmente: per ogni video vado a cercare un punto di aggancio con la base sonora allineando sullo schermo la grafica del suono. Molto artigianale, ma non così difficile in fondo, con zoom al massimo per potermi spostare avanti o indietro con precisione al fotogramma.

 Realizzo così un primo montaggio piano e voce, che non toccherò più.

Dopo di che lascio passare del tempo, mi taglio finalmente i capelli perché i barbieri hanno riaperto, e vado a registrare in modo analogo le tre tracce successive (chitarra ritmica, basso e chitarra elettrica), usando due videocamere e ambientando altrove (compreso un effetto chroma key non particolarmente brillante) e sempre alla fine sincronizzando a mano. Tranne la "batteria" virtuale su touch screen, che avevo provato solo in audio e senza troppa convinzione e che, quando ho deciso di farla entrare nel finale, ho filmato in playback (maluccio, a parte la rullata che sembra quasi vera, ma ormai la cosa mi usciva dagli occhi!) per tre brevi inquadrature.

Per non perdermi nel montaggio con una esagerazione di tracce nell'interfaccia non domata e nella ridondanza sempre in agguato di Resolve, finisco il lavoro con un software che conosco meglio: Magix Pro X.

In coda al video, la didascalia recita: "Social Pandemia / parole, musica, suono, canto video di Paolo Beneventi / in un delirio di megalomania?"

 

venerdì 10 gennaio 2020

Ma dove ci porta davvero, la tecnologia?

In questi giorni, quando in TV passano i servizi sulle novità tecnologiche, cambio canale, oppure spengo. Non ce la faccio, non voglio sapere!
Dato che di queste cose in fondo mi occupo e scrivo, anche libri nel corso di tanti anni, poi qualcosa andrò a vedere. Ma mi è estremamente difficile condividere non solo il rituale entusiasmo di maniera, ma anche la fiducia che tutte queste idee e novità serviranno a qualcosa nel mondo che verrà.
Mi spiego, negli ultimi 40 anni si sono viste idee sempre più incredibili che – lasciamo perdere le cose per specialisti – offrivano a ognuno di noi, a chiunque praticamente, anche ai bambini, possibilità da fantascienza, il potere veramente, se imparate nel modo giusto, di cambiare il mondo in senso partecipativo, condiviso, democratico, ampliando i sensi e la mente oltre i confini dell’immaginazione.
Ma, a conti fatti, il risultato complessivo è che a tutt’oggi il cittadino medio della società dell’informazione non sa nemmeno tagliare una fotografia! Non solo non sa come si fa, ma spesso nemmeno immagina che può farlo. Perfino i cosiddettinativi digitali”, stanno crescendo ormai sempre più con l’idea che la “tecnologia” stia nel consumare, usare, applicare, app ed effetti pensati da altri, prodotti da altri e offerti gratis o a pagamento, ma che comunque ci si procura sul mercato. Praticamente niente che nasca da noi e dalle nostre autonome capacità o idee.
Mentre la maggioranza degli umani spreca la più grossa occasione di democrazia della storia, il web, cazzeggiando e litigando sui social newtwork, soli e isolati, o arroccati nel proprio gruppo identitario, e arrabbiati, infelici, con poche o nulle speranze di poter contare qualcosa nella vita reale, in politica, in economia. Tanto che sempre più nel mondo “digitale” c’è chi corre dietro a facile e vecchi slogan populisti e si affida, come da sempre nei periodi più bui, agli “uomini forti”.
Sarà per questo che mi risulta stucchevole, addirittura irritante, leggere quello che scrivono certi specialisti su ciò che “potremo fare” grazie agli sviluppi della tecnologia. Chi lo farà, quando, e con quale alfabetizzazione di base?
Sarebbe interessante andare a vedere a ritroso, lungo gli anni, gli articoli e i reportage dalle fiere della tecnologia e segnare quello che poi in effetti è passato, non nelle applicazioni professionali, militari, specializzate, ma nella vita di tutti i giorni. La fiera dello spreco, l’eliminazione sistematica dal “mercato” di tutto c che spiazzava le aspettative più banali (e quindi più redditizie, quelle che fanno vendere di più) del consumatore medio. Il “futuro” che stiamo realizzando è in larga misura quello immaginato negli anni Sessanta, i cartoni animati dei “Pronipoti”: automobili che si guidano da sole, robot e macchine che rispondono a comandi vocali, per non parlare del Grande Fratello che tutto spia e conosce, e non perché una dittatura crudele ce lo impone, ma perché noi stessi, beati e incoscienti, offriamo al pubblico e al mercato ogni momento e particolare della nostra vita.

L’ho scritto, lo ripeto, e spero in futuro di riuscire anche ad essere più convincente: per fortuna basta molto poco, un cambio minimo di atteggiamento, per ribaltare questo quadro fosco e disperato e incominciare a riprenderci la tecnologia, da cittadini consapevoli e attivi. Io lo sperimento continuamente con i bambini e c’è tanta gente che nel mondo lavora nella direzione giusta. È di questo lavoro, di come si possono usare davvero gli aggeggi digitali invece che esserne usati, che dovremmo parlare molto di più, piuttosto che continuare a descrivere lo sviluppo della tecnologia come se seguisse strade sue autonome, a cui noi umani non possiamo fare altro che adeguarci. Anche perché, a dispetto di chi già decenni fa annunciava l’imminente avvento di generazioni di cyborg, i più con gli aggeggi digitali al massimo ci ordinano una pizza! Mentre per milioni di umani sta diventando ormai più facile procurarsi uno smarphone che l’acqua da bere.

martedì 29 ottobre 2019

App generation

Di solito faccio questo esempio, su come la tecnologia sta “cambiando” il nostro immaginario riguardo al futuro.
Scena prima, anni Ottanta. Il cinema ci racconta storie di ragazzini che giocando dalla propria cameretta con i computer e la rete (che ancora praticamente non c’era!) già violano gli archivi militari e della NASA, rischiano di provocare guerre mondiali, o eventualmente salvano il pianeta dalla catastrofe. Messaggio: nel futuro prossimo, anche per le persone comuni si aprono scenari prima impensabili, dato il potere che a chiunque ormai può dare la tecnologia.
Scena seconda, anni 2020, quasi. La pubblicità ci mostra un gruppo si ragazzotti rientrati a casa dopo una giornata di divertimento, e nessuno ha voglia di spadellare. Muovono il ditino su uno smartphone e ordinano una pizza! Messaggio: nel futuro faremo esattamente le stesse cose che facevano prima, ma invece di uscire di casa o telefonare, useremo il telefonino! Anche per accendere le luci, regolare il riscaldamento, alzare o abbassare le tapparelle!
Decisamente, le aspettative su come la tecnologia può cambiare la nostra vita si sono notevolmente ridimensionate!

Rispetto al tempo in cui incontravamo la macchine digitali soprattutto nei programmi per pc, o anche in videogiochi sempre più complessi ed elaborati, un discorso generale che si può fare sulle attuali app per dispositivi mobili è che, offrendo generalmente soluzioni già pronte e non richiedendo per funzionare particolari studio o applicazione, non stimolano la curiosità e le competenze degli utenti, ma consentono l’accesso e l’uso, al pari dei social network, anche ai pigri e agli “analfabeti”. Sembra così tra l’altro che – effetto collaterale interessante – per la prima volta da decenni le ultimissime generazioni appaiano meno competenti in tecnologia di quelle che le hanno immediatamente precedute. Osservazione empirica che ovviamente andrebbe verificata con studi appropriati, a sfatare forse in modo definitivo la favola di generazioni automaticamente e sempre più competenti in tecnologia.

Direi che ci sono sono fondamentalmente due tipi di app: quelle che sfruttano effettivamente le potenzialità dei nostri dispositivi, consentendoci operazioni altrimenti impossibili o complicatissime, e quelle che sostanzialmente ci danno accesso a servizi attraverso la rete.
Le seconde sono senz’altro utili se ci connettono direttamente al nostro gestore telefonico, alla banca, a servizi in generale personali e che usiamo spesso. Ma se per ogni negozio on line, ogni agenzia di viaggi, ogni rete di chissà cosa a cui accediamo una volta ogni tanto, dovessimo ascoltarli quando ci diconoscarica la mia app!”, ci riempiremmo il telefonino di nulla, quando potremmo all’occorrenza semplicemente utilizzare un browser e le relative pagine web, salvando eventualmente gli indirizzi tra i”preferiti”: un programma solo invece che decine! C’è anche un pericolo effetto culturale collaterale, da non sottovalutare. L’app diretta allontana dall’utente comune l’idea che esiste una rete, è un ritorno, sotto altra forma, all’elenco telefonico. Futuro?

Tra le applicazioni che servono invece per fare qualcosa, alcune, nella loro semplicità, sono davvero magnifiche, e qui cito alcuni esempi tra quelle che uso personalmente.
Le app “sportive” consentono di registrare, monitorare, condividere i propri allenamenti, corse, camminate, giri in bicicletta: mappe delle strade che ho fatto, velocità, salite, calorie e grassi consumate, a volte al limite del maniacale, perfino la frequenza cardiaca, in abbinamento con altri accessori.
Con le appnaturalistiche”, se fai la foto a una pianta o a un insetto, ti colleghi a una base di dati che istantaneamente ti suggerisce che cosa potrebbero essere! Se punti il telefono verso il cielo di notte, puoi riconoscere le stelle.
Tra le app per il cittadino consumatore, ci sono quelle in cui si possono raccogliere tutti i codici a barre delle “carte fedeltà che ci vengono date da quasi ogni negozio e catena, così che invece che occupare un esercito di portafogli se ne stanno tutte lì, nel telefonino, e non si corre il rischio, quando servono, di averle lasciate a casa. Altre, sempre attraverso la scansione del codice a barre del prodotto, consentono di avere istruzioni dettagliate per la raccolta differenziata. Puntando per esempio una confezione di yogurt, ti dicono: “Fascetta: carta”, linguetta: lattine”, vasetto: plastica”.
App sociali consentono di monitore in tempo reale l’ambiente, segnalare discariche abusive o scarichi illegali, di mettersi in rete con altri in tutto il mondo, per partecipare insieme nel segno della cittadinanza attiva.
Abbiamo grandi strumenti nelle nostre mani e, al solito, l’uso che ne facciamo dipende da noi!


photo credit: KROCKY MESHKIN <a href="http://www.flickr.com/photos/101119516@N04/48920590091">Grand Selfie #3</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/">(license)</a>

martedì 23 gennaio 2018

Gli strumenti per fare il video, 2


Nell'articolo precedente, si è raccontato come i bambini possono facilmente fare in prima persona della buone riprese video. Le semplici regole da seguire sono, in sintesi:
  • tenere sempre ben ferma la videocamera, anche quando la si muove
  • fare riprese brevi, e alla fine di ogni "frase", staccare
  • prima di ricominciare, cambiare il punto di vista.
In questo modo, il girato avrà facilmente un suo aspetto dignitoso anche senza montaggio (che però in ogni caso, per un prodotto finale presentabile, ci vuole).

Poi si è accennato al fatto che alcuni strumenti abitualmente usati per le riprese video, in particolare le macchine fotografiche, presentano problemi nella cattura del sonoro. Ma in generale è l'ambiente scolastico in sé – cioè il luogo più naturale dove i bambini possono girare i loro film – ad essere rumoroso (i corridoi), rimbombante (le palestre) e anche nell'aula momentaneamente più silenziosa (l'attenzione all'attività può fare miracoli) ci sarà sempre qualcuno che non sta fermo nel banco e i rumori delle sedie sul pavimento sono micidiali.
Purtroppo solo le videocamere di un certo livello e le fotocamere reflex hanno l'attacco per le cuffie audio, così come per un microfono esterno direzionale che – ne esistono di buoni a prezzi non proibitivi – può migliorare drasticamente la qualità del parlato. Dal punto di vista dei bambini poi, per cui la "rappresentazione" come un gioco di quello che stanno facendo conta come e più dell'azione stessa di fare il video, mettersi le cuffie e stare attenti al sonoro è altrettanto importante che osservare le inquadrature dentro il display, così come potrebbe esserlo – ma in questo caso si va oltre una pur buona dotazione amatoriale – il tenere a mano un microfono professionalmente appeso a una "giraffa". Quest'ultima operazione si può simulare evitando di agganciare il microfono esterno all'apposita staffa sulla macchina da ripresa e dandolo in mano a un bambino, che lo deve poi puntare in accordo con la direzione dell'obiettivo. Dal punto di vista della motivazione e del "gioco", è certo molto più coinvolgente e appagante che fare le riprese con un telefonino.

Tra gli accessori, sottovalutato da molti, il treppiede con una testa video fluida e apposita manopola da usare per le panoramiche - può fare la differenza nei nostri video dall'invedibile al quasi professionale. Anche se le macchine di oggi sono spesso molto leggere, anche solo per sostenere un telefonino – per cui esistono pratici ed economici adattatori a molla - serve un aggeggio stabile, con i piedini ben piantati per terra che consenta movimenti esatti e armonici. Anche senza andare su prodotti di gamma medio-alta con testa intercambiabile, vale la pena davvero in questo caso di spendere qualche euro in più (non tanti, comunque), tenendo conto che un buon treppiede dopo dieci anni è praticamente ancora nuovo.

Il montaggio è la grammatica del video, che consente alle nostre produzioni di andare oltre le frasi sconnesse per comporre discorsi compiuti, con un loro senso. E non si fa con un telefonino!
Tagliare e incollare seriamente un video vedendolo in un monitor di 5 pollici o poco più è un'impresa impossibile, nonché uno strazio per gli occhi di chiunque e, anche se esiste software per smartphone e tablet, in certi casi decente, eventualmente utile per operazioni al volo o di emergenza, per fare un montaggio vero occorre un computer, possibilmente collegato a un monitor di grandi dimensioni, anzi meglio due, uno da cui si comanda il programma e l'altro per vedere il video a tutto schermo. Il tutto è molto più tranquillo di quanto non si creda, dato che si può utilizzare anche un comune televisore, collegato con un cavo HDMI.
Software di montaggio potenti e completi gratis – come per l'ufficio e la grafica sono Open e Libre Office o GIMP – a parte il buon vecchio iMovie di Apple (che non si può dire “migliorato” con gli anni!) non ce n'è. L'equivalente gratuito sul versante Microsoft, Movie Maker, non è più fornito insieme con Windows 10, si può comunque ancora scaricare, ma personalmente lo trovo piuttosto povero.
Ho provato poi diversi programmi indicati qui e là come “gratis” che, o non lo sono davvero, o offrono prestazioni decisamente limitate, o sono comunque poco utilizzabili dai non esperti. Senza per forza rivolgersi a software professionale, come Adobe Premiere, Vegas Pro (ex Sony), Magix Pro, o Final Cut sui Mac, ci sono però diverse applicazioni che costano qualche decina di euro e che permettono la realizzazione facile e intuitiva di montaggi di grande qualità, con tante piste audio e video, titoli, transizioni, elaborazioni di ogni tipo ed effetti speciali che solo pochi anni fa erano impensabili fuori dalle grandi case di produzione. Provandoli anche solo in alcune delle loro funzioni, anche i bambini facilmente ritrovano gran parte della cultura televisiva latente che proviene dalla loro comunque grande esperienza di telespettatori e possono toccare con mano cosa vuol dire essere “dall'altra parte”, quella dei produttori di informazione. Cosa che con software di puro taglia e incolla, oppure troppo “automatici”, non succede.
Si può scegliere tra programmi appositamente prodotti per il mercato amatoriale (Pinnacle Studio, Corel Video Studio), e versioni ridotte di programmi professionali (Premiere Elements, Magix Video Deluxe, Vegas Movie Studio), che più o meno si equivalgono, dipende anche dai gusti. Un caso a parte è Hit Film Express, un software dall'impostazione piuttosto professionale, gratuito nella versione di base, molto interessante, forse non del tutto intuitivo per i neofiti, ma a mio pare da provare senz'altro. Si può espandere inserendo a pagamento uno per uno una serie numerosa di moduli – ma per avere in mano già un buon programma bastano una ventina di euro - che tutti insieme fanno Hit Film Pro.
Altra finestra gratis sulle produzioni video professionali, soprattutto sulle operazioni che si possono effettuare sul colore (e ci si potrebbero inventare sopra unità didattiche entusiasmanti, che aprirebbero mondi di immaginazione e conoscenza ai ragazzi!), è Da Vinci Resolve, anche se personalmente l'ho provato finora meno di quello che avrei voluto, per problemi subentrati con al mio hardware datato.

martedì 16 gennaio 2018

Gli strumenti per fare il video, 1

Di questi tempi sono due i progetti in cui sono impegnato, per cos¡ dire tangenti e complementari, che vedono protagonisti i bambini come produttori di informazione: Lo Sguardo dei Bambini sul Mondo, che sta partendo proprio ora, con già la collaborazione di numerosi soggetti a livello internazionale, e Il Museo Virtuale dei Piccoli Animali, che esiste da alcuni anni come attività su base più o meno volontaria, e che si vorrebbe presto pure rilanciare questa volta in modo continuo e professionale.
In comune, hanno l'utilizzo attivo della tecnologia, in maniera diretta da parte dei bambini, oppure gestita da adulti che si mettono direttamente al servizio dei bambini o che collaborano fattivamente con loro, su un piano si potrebbe dire di parità. Cioè tutti, ognuno per la sua parte, imparano e insegnano qualcosa, e insieme si produce. I bambini ci mettono in più la vitalità e la capacità di giocare con entusiasmo e curiosità e gli adulti l'esperienza e la perizia tecnica. Poi, dato che ci divertiamo tutti molto e i mezzi di oggi si possono usare anche in modo molto istintivo, può succedere che qualche adulto a volte sia più bravo a giocare dei bambini, e che dei bambini trovino soluzioni tecniche, con la videocamera o il computer, a cui i loro maestri adulti non avrebbero mai pensato.

L'informazione che facciamo si basa soprattutto sullo strumento video, usando attrezzi non professionali – li mettiamo nelle mani direttamente dei bambini, anche senza istruzioni preliminari - che però consentono una qualità decisamente buona, comparabile con quella di molte produzioni che si vedono al cinema, in TV e sul web. E siccome le suggestioni del mercato arrivano spesso frenetiche e confuse, qui diremo alcune cose sulle macchine che usiamo, sperando di fornire informazioni utili a chi, accingendoci a realizzare per esempio un audiovisivo scolastico, a volte si accontenta di soluzioni improvvisate e di risultati mediocri, ignorando che con un minimo di attenzione e cura anche chi è alle prime armi può realizzare produzioni più che dignitose, in grado di essere proposte a un pubblico vero, oltre la consueta benevolenza e pazienza di genitori, nonni e amici.

A parte la disponibilità pratica, i gusti e le scelte individuali e oltre l'adeguamento acritico ai luoghi comuni, ci sono alcuni criteri che andrebbero tenuti presenti, per valutare gli strumenti con cui effettuare le riprese, tenendo presente che, da quando le memorie allo stato solido hanno sostituito pellicole e nastri, le macchine per il video possono ormai assumere qualsiasi forma. Qui di seguito ci riferiamo a videocamere tradizionali, fotocamere, smartphone e tablet. Non prendiamo in considerazioni altri strumenti, che servono pure a fare video, ma più particolari, come le web cam e le action cam.

Ergonomia: come le macchine si tengono in mano. Una videocamera “tradizionale” si impugna in modo saldo una mano sola, come si vuole, ha il display orientabile che consente un utilizzo a livello del suolo o tenendola con il braccio sollevato in alto o comunque anche molto lontano dal corpo, e ha l'attacco per essere posizionata su un treppiede. Una macchina fotografica, compatta o reflex, richiede l'uso delle due mani e se non ha il display orientabile limita fortemente il campo di visione; sono ottime con l'uso del treppiede. Un telefonino o un tablet vanno comunque impugnati con due mani (orizzontalmente, per favore, dato i video vanno poi su uno schermo TV!), consentono scarse possibilità di movimento e più facilmente rischiano di cadere. Se per i telefoni esistono semplici e economici adattatori per l'uso con un cavalletto o supporti  (riprese mosse e tremolanti, anche se le abbiamo fatte noi, sono sempre comunque molto fastidiose!), con i tablet si possono fare solo riprese a mano (e allora staccare quando si incomincia a tremare troppo!)

Versatilità: possibilità di usare la stessa attrezzatura per fare cose diverse. Le videocamere montano obiettivi zoom ottici molto spinti (dello zoom digitale, in generale, meglio non fidarsi troppo!), possono essere usate anche per scattare fotografie e consentono riprese dal grandangolo macro attaccato alla lente (molto utile per esempio se inquadriamo insetti) fino al super teleobiettivo (che però oltre certe focali andrebbe usato con un treppiede, pena riprese invedibili con effetto terremoto); hanno un microfono incorporato di discreta qualità. Lo stesso per quanto riguarda l'obiettivo le fotocamere cosiddette “bridge”, che ormai tutte consentono video in hd e che però sono generalmente carenti quanto a cattura del sonoro. Tra le compatte, che pure ormai vanno bene anche per i video, solo alcune hanno il super macro e lo zoom ottico è meno spinto. Con le fotocamere reflex, per il macro e il super tele occorre cambiare l'obiettivo. I telefonini e i tablet non hanno il super macro e lo zoom, solo digitale, se esiste è molto limitato; discrete, in diversi casi, sono le prestazioni sonore.

Qualità video. Non dipende dalla quantità di megapixel del sensore (per il video se ne usano molto meno che per le fotografie), ma dagli obiettivi e anche dal software che sovraintende all'acquisizione di immagini. Da questo punto di vista, le macchine fotografiche reflex non hanno rivali (se non alcune videocamere consumer di fascia alta, dotate a volte di tre sensori separati, uno per ogni colore primario, o di tipo professionale, e che comunque non reggono quanto a qualità degli obiettivi). Telefonini e tablet, in grado a volte anche di riprendere in 4K, sono dotati comunque di obiettivi molto piccoli, buoni per le riprese in piena luce, molto meno quando le condizioni di visibilità cominciano a farsi scarse (anche se in fotografia a volte il flash fa miracoli!)

Qualità audio. Per come sono progettate, le videocamere hanno sempre un discreto, a volte molto buono microfono incorporato zoom, stereo o addirittura 5 +1. Solo quelle di fascia alta hanno però l'attacco per un eventuale microfono esterno, che è considerato un accessorio praticamente indispensabile per le fotocamere reflex, i cui microfoni incorporati difficilmente sono al livello della qualità delle immagini. Scarsa di solito la qualità audio delle fotocamere compatte e bridge in particolare, disturbate dal rumore dello zoom motorizzato che, in ambienti silenziosi, facilmente emerge in modo fastidioso, mentre telefonini e tablet non hanno di questi problemi e, se dotati di microfoni e software di qualità, restituiscono un sonoro stereo più che discreto.

continua...