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venerdì 10 gennaio 2020

Ma dove ci porta davvero, la tecnologia?

In questi giorni, quando in TV passano i servizi sulle novità tecnologiche, cambio canale, oppure spengo. Non ce la faccio, non voglio sapere!
Dato che di queste cose in fondo mi occupo e scrivo, anche libri nel corso di tanti anni, poi qualcosa andrò a vedere. Ma mi è estremamente difficile condividere non solo il rituale entusiasmo di maniera, ma anche la fiducia che tutte queste idee e novità serviranno a qualcosa nel mondo che verrà.
Mi spiego, negli ultimi 40 anni si sono viste idee sempre più incredibili che – lasciamo perdere le cose per specialisti – offrivano a ognuno di noi, a chiunque praticamente, anche ai bambini, possibilità da fantascienza, il potere veramente, se imparate nel modo giusto, di cambiare il mondo in senso partecipativo, condiviso, democratico, ampliando i sensi e la mente oltre i confini dell’immaginazione.
Ma, a conti fatti, il risultato complessivo è che a tutt’oggi il cittadino medio della società dell’informazione non sa nemmeno tagliare una fotografia! Non solo non sa come si fa, ma spesso nemmeno immagina che può farlo. Perfino i cosiddettinativi digitali”, stanno crescendo ormai sempre più con l’idea che la “tecnologia” stia nel consumare, usare, applicare, app ed effetti pensati da altri, prodotti da altri e offerti gratis o a pagamento, ma che comunque ci si procura sul mercato. Praticamente niente che nasca da noi e dalle nostre autonome capacità o idee.
Mentre la maggioranza degli umani spreca la più grossa occasione di democrazia della storia, il web, cazzeggiando e litigando sui social newtwork, soli e isolati, o arroccati nel proprio gruppo identitario, e arrabbiati, infelici, con poche o nulle speranze di poter contare qualcosa nella vita reale, in politica, in economia. Tanto che sempre più nel mondo “digitale” c’è chi corre dietro a facile e vecchi slogan populisti e si affida, come da sempre nei periodi più bui, agli “uomini forti”.
Sarà per questo che mi risulta stucchevole, addirittura irritante, leggere quello che scrivono certi specialisti su ciò che “potremo fare” grazie agli sviluppi della tecnologia. Chi lo farà, quando, e con quale alfabetizzazione di base?
Sarebbe interessante andare a vedere a ritroso, lungo gli anni, gli articoli e i reportage dalle fiere della tecnologia e segnare quello che poi in effetti è passato, non nelle applicazioni professionali, militari, specializzate, ma nella vita di tutti i giorni. La fiera dello spreco, l’eliminazione sistematica dal “mercato” di tutto c che spiazzava le aspettative più banali (e quindi più redditizie, quelle che fanno vendere di più) del consumatore medio. Il “futuro” che stiamo realizzando è in larga misura quello immaginato negli anni Sessanta, i cartoni animati dei “Pronipoti”: automobili che si guidano da sole, robot e macchine che rispondono a comandi vocali, per non parlare del Grande Fratello che tutto spia e conosce, e non perché una dittatura crudele ce lo impone, ma perché noi stessi, beati e incoscienti, offriamo al pubblico e al mercato ogni momento e particolare della nostra vita.

L’ho scritto, lo ripeto, e spero in futuro di riuscire anche ad essere più convincente: per fortuna basta molto poco, un cambio minimo di atteggiamento, per ribaltare questo quadro fosco e disperato e incominciare a riprenderci la tecnologia, da cittadini consapevoli e attivi. Io lo sperimento continuamente con i bambini e c’è tanta gente che nel mondo lavora nella direzione giusta. È di questo lavoro, di come si possono usare davvero gli aggeggi digitali invece che esserne usati, che dovremmo parlare molto di più, piuttosto che continuare a descrivere lo sviluppo della tecnologia come se seguisse strade sue autonome, a cui noi umani non possiamo fare altro che adeguarci. Anche perché, a dispetto di chi già decenni fa annunciava l’imminente avvento di generazioni di cyborg, i più con gli aggeggi digitali al massimo ci ordinano una pizza! Mentre per milioni di umani sta diventando ormai più facile procurarsi uno smarphone che l’acqua da bere.

mercoledì 8 febbraio 2017

Le catene al collo nel gregge della "tecnologia"

Una volta era semplice. Non volevi ricevere chiamate o SMS mentre dormivi, o avevi il telefonino quasi scarico e non ti fidavi a lasciarlo attaccato alla corrente di notte perché non si sa mai il gatto ti poteva mordicchiare il filo, mettevi la sveglia e semplicemente lo spegnevi. Dopo di che, in quasi perfetto risparmio energetico (senz'altro più risparmio che doverlo tenere sempre acceso, come siamo costretti a fare oggi!), lui all'ora stabilita suonava. Con il "progresso tecnologico", questa cosa banale e che qualcuno magari trovava utile non si può più fare più. Perché?

Quando i telefonini servivano per telefonare
Se si pone la domanda, il solito saccente tecno entusiasta ovviamente non ti risponde (giratela come volete: non c'è una risposta!), ma ti rivolge un'altra domanda: "E perché mai uno dovrebbe usare la sveglia con il telefono spento?" accompagnandola probabilmente con una frase che è la madre di tutti gli integralismi: "Tanto, non lo fa più nessuno!"

Ora, le ragioni per cui a una nicchia magari ristretta di utenti la funzione sveglia a telefono spento potrebbe ancora interessare, vanno dallo sfizio personale all'emergenza assoluta (compresa la difficoltà di ricarica quando la porta USB fa le bizze!), ma l'altra domanda è semplice: se una funzione c'è, costa poco e qualcuno la usa, perché toglierla?

I computer da tavolo "all in one" di Apple e ora anche il Surface Studio di Microsoft non hanno più l'unità di lettura e masterizzazione ottica (così possono contendersi in una gara appassionante la palma dello schermo più sottile!). L' idea che propongono è che i dischi siano ormai obsoleti (e difatti nei negozi non si vedono più da tempo CD audio, DVD video, blu-ray... Non è che ci stiamo confondendo con le musicassette?) e il solito tecno entusiasta ti dice, con aria di sufficienza: “Io i CD non li uso da anni! Chi vuole, si compra un unità esterna!”
Ma, a parte che il masterizzatore esterno che pende mi rovina l'estetica di un oggetto in cui l'estetica è tutto, se mi serve e decido di aggiungerlo vuol dire che so già che cosa un computer può fare con un disco ottico. Ma il bello dei PC è (o forse lo era solo un volta?) che tu hai un aggeggio ricco di un insieme di possibilità pressoché infinite e che, a parte le cose che fai perché le devi fare o perché le fanno tutti, ce ne sono tantissime altre che puoi scoprire, esplorando, curiosando, giocando. È così che – per inciso - si sono formate intere generazioni che poi hanno fatto la storia dell'informatica, con quella spinta “dal basso” che ha determinato tra gli anni Settanta e Novanta un progresso che non avremmo mai avuto, se solo ci fossimo affidati ai piani e agli studi delle grandi aziende che allora avevano il dominio quasi assoluto del mercato, IBM e Microsoft.

Quando ai bambini si dava in mano il loro film, in DVD o VHS
Così oggi i dischi ottici nei PC non servono più perché sta tutto nel cloud (e per vedere il blu-ray che mi hanno regalato devo possedere l'apposito lettore da collegare al TV 4K: altri prodotti, altro mondo! Mentre ovviamente i video 4K fatti con il telefonino li giro rigorosamente in verticale, tanto vanno visti solo sul telefonino!) e le giovani generazioni che arrivano adesso possono bellamente ignorare che una volta i dischi ottici si potevano non solo vedere, ma aprire, frugare, rielaborare con un computer, e si perdono per sempre trent'anni di cultura digitale, in un tempo in cui la memoria si misura a terabyte, ma rigorosamente non deve andare più indietro degli ultimi sei mesi, e il passato è niente! E chi accetta questo trend, gente che sembra non saper distinguere tra un Macbook Air e un PC da tavolo, usa argomenti allucinanti: siccome Block Buster chiude negozi, allora i dischi ottici nei computer non interessano più a nessuno! Altro che integralismo islamico!

Le nuove Mercedes classe E non hanno la ruota di scorta, non hanno il ruotino, se buchi una gomma, arriva l'assistenza! Cercando in rete ho trovato un articolo divertente su questo nuovo “trend” e ho capito come funziona. Adesso so che con la mia nuova Mercedes classe E non viaggerò mai in un deserto Africano o nelle foreste del Borneo, ma sempre e rigorosamente solo in Germania!

Una volta si magnificava della tecnologia l'enorme ventaglio di possibilità che si aprivano per chiunque. Oggi, da alcuni anni, sta succedendo il contrario. Un sacco di funzioni che forse non interessano alla maggioranza, o che potrebbero non interessare, vengono semplicemente tolte, in modo che, invece di avere più possibilità di scelta, siamo tutti costretti ad adeguarci, a seguire il gregge, sempre più dipendenti dal pastore onnipotente e dai suoi cani. Non ci sono emergenze o casi particolari, scelte personali che tengano, c'è sempre meno, se uno non se la va proprio a cercare - ma allora deve sapere già, spsso oltre e contro un mercato orientato sempre più alla gran massa degli utenti modaioli e semi-analfabeti - la possibilità di configurare le macchine secondo i propri gusti, esigenze, curiosità. C'è un raggio di normalità stabilito da chi produce le cose e tu entro quello devi muoverti.
Altro che “on demand” e mercati di nicchia: è il trionfo assoluto e incontrastato della TV generalista!

Ah, per gli eventuali lettori senza troppo senso dell'umorismo (specie sempre più diffusa, che magari passa anche dal mio blog): quando scrivevo della “mia nuova Mercedes classe Estavo scherzando, non ho una Mercedes classe E!

lunedì 28 dicembre 2015

Il digitale e Babbo Natale!

Una buona abitudine che forse dovremmo prendere, in questo mondo che ci ripetiamo essere in continua e tumultuosa trasformazione, è quella di periodicamente ripensare certe categorie mentali attorno a cui il nostro pensiero ruota e si sviluppa, se permangono valide nel tempo o se a un certo punto si svuotano parzialmente o totalmente di significato. A cominciare dall'idea stessa della continua trasformazione, che non ci spiega come, se certi aspetti della nostra vita in effetti sono cambiati molto in pochi anni, altri ci sembrano addirittura segnati da una immobilità avvilente. Per non parlare dell'assioma secondo il quale le tecnologie informatiche sono una cosa da "giovani", che forse andrebbe un pochino rivisto, se non altro perché lo ripetiamo da oltre 40 anni! 

Molto suggestiva, al suo apparire, fu questa idea degli "ambienti di apprendimento digitali". Ma, a parte la bellezza delle parole, a un certo punto la domanda va fatta: ha davvero un senso parlarne? 
A parte questo articolo che sto scrivendo nel cloud, iniziato in treno su un tablet e completato poi nel browser del pc tower di casa, a parte le 3 mappe nel telefonino che mi danno una netta chiara visione satellitare anche di casa mia, a parte gli annunci di fine anno sui giornali che il 2016 ci porterà finalmente una realtà virtuale che funziona (e sarebbe anche ora!) dopo decenni ormai che ci smanetto, che animatamente ne discuto, che osservo da vicino adulti e bambini variamente trafficare con gli aggeggi informatici facendo di tutto, la parola "digitale" mi provoca un sincero fastidio, usata com'è ormai senza un significato preciso (che pure avrebbe) come un jolly universale per imporre al mondo un'ineluttabile  modernità legata alle leggi universali del mercato!

Dopo tanti anni di esperienza, direi anzi che si può incominciare a dirlo: non esiste un apprendimento "digitale"!
E' vero che sono cambiate e anche profondamente le forme di produzione, elaborazione, archiviazione, trasmissione e comunicazione delle idee, ma non si può non rilevare che, per esempio, le idee stesse che passano nelle comunità degli umani sembrano  ricalcare sempre più gli slogan della comunicazione pubblicitaria, piuttosto che beneficiare della ricchezza della rete. E le "descrizioni" del nuovo si svolgono per lo più per sillogismi: Siccome i "nativi digitali" stanno sul web o al telefonino, "quindi"... Dopo di che ognuno fa vangelo delle cose che crede di avere capito, o che si sta immaginando, e con quelle pretende di spiegare il mondo intero. 

Chiacchiere! Che in un libro stampato, un ebook, sul web o al bar, fondamentalmente chiacchiere restano, che ormai nessuno ascolta. Tanto è vero che, a dispetto di un'orgia di strumenti per comunicare mai così abbondante nella storia dell'umanità,  la comunicazione reale tra le persone, i gruppi, le culture, le etnie, le nazioni, sembra ogni giorno sempre più difficile. E sulle colonne parallele di giornali, blog, riviste web, convivono e non comunicano gli articoli che magnificano gli ultimi gadget digitali che una volta di più ci "cambieranno la vita" con quelli che parlano dei muri che si innalzano contro i migranti, come si trattasse di due pianeti distinti! 

L'impressione è che ci hanno messo al tappeto con una overdose di tecnologia che ci espone al rischio di una allucinazione digitale permanente, mentre un dio mercato proto industriale ripete all'infinito i suoi mantra obsoleti (il liberismo è un sogno del Millesettecento!) per non farci capire che con gli aggeggi, se li usassimo fuori dalla gabbia di ideologia in cui ce li confezionano e ce li vendono, forse potremmo davvero cambiare il mondo reale, o almeno agire in modo attivo sulla società civile, la politica, l'economia, la natura, l'ambiente, che viceversa, con lo sguardo fisso nel display del nostro smartphonepercepiamo rassegnati come sempre più al di fuori di ogni nostro possibile controllo. 
Il mondo reale, concreto, sensibile e sociale, non solo teorico e virtuale, che è l'unico vero ambiente salutare di apprendimento e di crescita per gli esseri umani. 

Ovviamente, queste sono le mie idee, per quanto non credo campate per aria, e non l'ennesimo vangelo, e mi piacerebbe sapere altri che cosa ne pensano, magari con un piccolo commento in questo blog. 

Mentre osservo un po' basito il suggerimento di viaggio sul display del mio telefonino, che mi indica con dovizia di particolari tutte le stazioni del treno locale che dovrei prendere da Milano verso la Brianza, ma che fino alla stazione di Brescia mi vorrebbe fare andare a piedi! Eppure, per gli spostamenti in città, la stessa app mi indica con precisione le fermate della metropolitana e tutti gli autobus, ma... evidentemente non riesce a mettere insieme le due informazioni. 
Meraviglie e limiti del "pensiero digitale"!