Proseguo con la ripubblicazione di articoli già messi on line a suo tempo in myblog. Questo è del 3 ottobre 2014
Da tempo, di fronte a un conformismo 2.0 imperante e a mio parere estremamente nocivo, sento il bisogno di sostenere che, dal punto di vista del rapporto tecnologia umani, dopo gli anni della partecipazione e condivisione che, verso la fine del secolo scorso, hanno reso possibile la rivoluzione digitale, siamo ormai in piena, galoppante regressione. A potenzialità teoricamente enormi e illimitate (per chi già le conosce!), corrisponde sempre più una offerta effimera e quasi esclusivamente commerciale che non solo non allarga, ma restringe di fatto l’utilizzo che la maggioranza delle persone fanno di hardware e software. L’utente medio, attirato in ambienti protetti in cui altri pensano a tutto per lui, è declassato a passivo consumatore, e “sceglie” gli aggeggi per la loro bellezza, per l’immagine, per caratteristiche che spesso non hanno niente a che vedere con la loro efficacia e funzionalità.
Da tempo, di fronte a un conformismo 2.0 imperante e a mio parere estremamente nocivo, sento il bisogno di sostenere che, dal punto di vista del rapporto tecnologia umani, dopo gli anni della partecipazione e condivisione che, verso la fine del secolo scorso, hanno reso possibile la rivoluzione digitale, siamo ormai in piena, galoppante regressione. A potenzialità teoricamente enormi e illimitate (per chi già le conosce!), corrisponde sempre più una offerta effimera e quasi esclusivamente commerciale che non solo non allarga, ma restringe di fatto l’utilizzo che la maggioranza delle persone fanno di hardware e software. L’utente medio, attirato in ambienti protetti in cui altri pensano a tutto per lui, è declassato a passivo consumatore, e “sceglie” gli aggeggi per la loro bellezza, per l’immagine, per caratteristiche che spesso non hanno niente a che vedere con la loro efficacia e funzionalità.
Fino all’assurdo di computer da tavolo senza lettore di dischi ottici, che però hanno lo schermo sottilissimo (sarebbe come prendere una poltrona perché è aerodinamica!), e telefonini xxl che si piegano nelle tasche! E il cloud, invece di essere quel posto in cui, se serve, se si vuole, si possono condividere archivi e lavoro, sta diventando una specie di discarica virtuale planetaria, in cui la gente butta di tutto e di più ed è spinta a fare macchinosi, lenti e inutili (e a un certo punto costosi) backup di ogni pinzillacchera digitale che per sbaglio produce (con grande soddisfazione dei gestori di reti e anche dei pirati informatici, che nella nuvola ci sguazzano!)
Tra le cose in controtendenza, che non c’erano al tempo di noi nostalgici dei floppy disk da 5,25" (qui scherzo, mai usati: vedevo studenti sul treno che si scambiavano quei cosi molli e sorridevo, io che usavo da sempre quelli da 3”½!) e che vanno nella direzione dello sviluppo e non dell’atrofia dell’intelligenza degli umani, ci sono i software per le mappe concettuali: tanti, belli, a volte costosi, ma anche alcuni assolutamente gratis, o che si offrono a chi non ha necessità eccessive in una versione limitata e gratuita.
Rendere visivamente il pensiero, gli argomenti, le cose da fare, le relazioni tra il tutto… Per gli umani del 21° secolo, cresciuti nella cultura visiva (anche se molti ancora credono in buona fede di essere venuti su con i libri!), le mappe sono il pensiero che si chiarisce alla mente nel momento in cui si mostra, si fa immagine. E allora è possibile capire meglio, approfondire, o anche solo istintivamente “vedere” oltre certi punti d’ombra che si formano nelle elucubrazioni astratte, o anche nella scrittura verbale.
A parte le esportazioni grafiche d’effetto che, giustamente orientate alle presentazioni, espongono al rischio di cadere nel vacuo (20 anni di overdose da Power Point insegnano!), le mappe, per farle, l’umano ci deve pensare! E ogni software “pensa” in un modo un poco diverso, propone un suo approccio particolare, un differente punto di vista, in modo che, costi a parte, la scelta facilmente si potrà orientare sul programma che più sembra adatto e piace al singolo o al gruppo che lo deve utilizzare.
Resta il problema annoso di tutti quegli utenti che sono cresciuti con il software che passava il convento e che non sono abituati a provare, confrontare, scegliere. Ma, almeno da questo punto di vista, la consuetudine con smartphone e tablet – se non altro per il costo molto basso delle applicazioni e perché la loro memoria comunque non infinita sollecita ogni tanto a togliere cose per far posto ad altre – dovrebbe favorire un approccio meno ossequioso e più consapevole.
Fermo restando che le mappe concettuali aiutano a chiarire il nostro pensiero ma, almeno loro, di solito non ti promettono di pensare per noi!
pubbligato in myblog 3 ottobre 2014
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