Di solito faccio
questo esempio, su come la
tecnologia sta “cambiando”
il nostro immaginario riguardo al futuro.
Scena
prima, anni
Ottanta.
Il cinema
ci racconta storie di ragazzini
che giocando dalla propria cameretta con i computer e la rete (che
ancora praticamente non c’era!) già
violano
gli
archivi
militari
e della NASA, rischiano di provocare guerre mondiali, o eventualmente
salvano il pianeta dalla catastrofe. Messaggio: nel futuro prossimo,
anche per le persone comuni si aprono scenari prima impensabili, dato
il potere
che a chiunque ormai può dare la tecnologia.
Scena
seconda, anni
2020,
quasi.
La
pubblicità
ci mostra un gruppo si ragazzotti rientrati a casa dopo una giornata
di divertimento, e nessuno ha voglia di spadellare. Muovono il ditino
su uno smartphone e ordinano
una pizza!
Messaggio: nel futuro faremo esattamente le stesse cose che facevano
prima, ma invece di uscire di casa o telefonare, useremo
il
telefonino! Anche
per accendere le luci, regolare il riscaldamento, alzare o abbassare
le tapparelle!
Decisamente,
le aspettative su come la tecnologia può cambiare la nostra
vita si sono notevolmente ridimensionate!
Rispetto
al tempo in cui incontravamo la macchine
digitali
soprattutto nei programmi
per pc,
o
anche in videogiochi
sempre più complessi ed elaborati, un
discorso generale che si può fare sulle
attuali
app
per
dispositivi mobili
è
che, offrendo generalmente
soluzioni già pronte e non richiedendo per funzionare particolari
studio o applicazione, non
stimolano
la curiosità
e le competenze
degli utenti, ma consentono
l’accesso e l’uso, al pari dei social
network,
anche ai pigri e agli “analfabeti”. Sembra
così tra
l’altro che
– effetto
collaterale interessante – per
la prima volta da decenni le ultimissime
generazioni
appaiano meno
competenti in tecnologia
di quelle che le hanno immediatamente precedute. Osservazione
empirica che
ovviamente
andrebbe
verificata
con
studi appropriati, a
sfatare forse in modo definitivo la
favola
di
generazioni automaticamente e
sempre
più competenti
in tecnologia.
Direi
che ci sono
sono
fondamentalmente
due
tipi di app:
quelle
che sfruttano effettivamente
le
potenzialità
dei
nostri dispositivi,
consentendoci
operazioni altrimenti
impossibili
o complicatissime,
e
quelle che sostanzialmente ci danno accesso
a servizi attraverso la rete.
Le
seconde sono
senz’altro
utili se
ci connettono direttamente al nostro gestore telefonico, alla banca,
a servizi in generale personali e che usiamo spesso. Ma
se per
ogni negozio on line, ogni
agenzia
di viaggi, ogni
rete
di chissà cosa a
cui accediamo una volta ogni tanto, dovessimo ascoltarli quando ci
dicono
“scarica
la mia app!”,
ci
riempiremmo il telefonino di nulla, quando
potremmo all’occorrenza
semplicemente
utilizzare un browser
e le relative pagine web, salvando
eventualmente gli indirizzi tra i”preferiti”: un
programma solo invece che decine!
C’è anche un pericolo effetto
culturale collaterale, da non sottovalutare. L’app
diretta allontana
dall’utente comune l’idea che esiste una rete, è
un ritorno, sotto altra forma, all’elenco telefonico.
Futuro?
Tra
le applicazioni che servono invece per
fare qualcosa, alcune, nella loro semplicità, sono davvero
magnifiche, e qui cito alcuni
esempi tra quelle
che uso
personalmente.
Le
app
“sportive”
consentono di registrare, monitorare, condividere i propri
allenamenti,
corse, camminate, giri in bicicletta: mappe
delle
strade
che
ho fatto, velocità, salite, calorie e grassi consumate, a volte al
limite del maniacale, perfino la frequenza cardiaca, in abbinamento
con altri accessori.
Con
le app
“naturalistiche”,
se
fai
la foto a una
pianta
o a
un
insetto,
ti colleghi a
una
base di dati che
istantaneamente
ti suggerisce
che
cosa
potrebbero essere!
Se
punti il telefono verso il cielo di
notte,
puoi
riconoscere le stelle.
Tra
le app
per il cittadino consumatore,
ci
sono quelle in cui
si possono raccogliere tutti i
codici a barre delle “carte
fedeltà”
che ci vengono date
da
quasi ogni negozio e catena, così che invece che occupare
un esercito di portafogli se ne stanno tutte lì, nel telefonino, e
non si corre il rischio, quando
servono, di averle
lasciate
a casa.
Altre,
sempre
attraverso
la scansione del codice a barre del prodotto, consentono
di avere istruzioni
dettagliate per la raccolta differenziata.
Puntando
per esempio una
confezione di yogurt, ti
dicono:
“Fascetta: carta”, linguetta: lattine”,
vasetto:
plastica”.
App
sociali
consentono di monitore in tempo reale l’ambiente,
segnalare discariche abusive o scarichi illegali, di
mettersi in rete con altri in tutto il mondo, per partecipare insieme
nel segno della cittadinanza
attiva.
Abbiamo
grandi strumenti nelle nostre mani e, al solito, l’uso che ne
facciamo dipende da noi!
photo credit: KROCKY MESHKIN <a href="http://www.flickr.com/photos/101119516@N04/48920590091">Grand Selfie #3</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/">(license)</a>
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