In questi tempi
di pandemia, sto
riprendendo alcune mie abitudini solitarie e mi aggiro
quando posso in aree
verdi periferiche,
poco frequentate, raccogliendo
immagini di insetti
e imparando
gli alberi
con l’aiuto di
un software
di riconoscimento.
Per
gli insetti cerco di impratichirmi nell’uso della funzione
tracciamento delle
videocamere.
Giro quando
posso
in 4k,
per
poter poi ingrandire ulteriormente
il macro
in HD.
giovane Metasequoia glyptostroboides |
Ma
lo strumento che considero oggi è un altro. Per il riconoscimento
delle
piante
sul telefonino
Android
adopero PlantNet.
Si
fotografa
direttamente dall’app, oppure si
prendono
immagini
dalla galleria, e poi si
chiede
di confrontare
le
foglie, i frutti, i fiori, la corteccia,
all’interno
di un immenso data base a cui partecipano gli utenti
dell’applicazione, che da tutto
il mondo
contribuiscono con le loro
foto.
Compare
una lista di riconoscimenti probabili e
se si è soddisfatti si conferma l’identificazione, meglio
se incrociando
più dati, per
esempio foglie e fiori (o frutti).
Sembrano
operazioni
piccole
e semplici
ma, se ci pensiamo, compiendole
stiamo già
passando,
tranquillamente, da raccoglitori compulsivi e tutto sommato ignoranti
di immagini a costruttori
di cultura,
perché – se lo vogliamo, non è necessario iscriversi, ma forse
queste sono le reti
per cui vale la pena di mettere in gioco consapevolmente qualche
dato,
in progetti
orizzontali e condivisi,
coerenti con il
secolo in cui viviamo,
e
soprattutto a
cui partecipiamo
come soggetti attivi!
- ora
è
a
disposizione del mondo
la nostra foto della giovane
Metasequoia
glyptostroboides,
l’abete
d’acqua, che
non esiste allo stato naturale fuori dalla Cina, e
ce ne sono davvero pochi in giro.
Questo
ha qualche rametto secco, speriamo che non siano il segno di un
problema più
grave.
Ma
poi
capita anche,
mentre
sono lì che fotografo e
riconosco,
che
incrocio
proprio il tipo che un giorno ha raccolto un seme sotto uno dei tre
alberi adulti
di
quel tipo esistenti in città e ha provato a
piantarlo lì. Incontro
casuale ma neanche troppo, a simboleggiare questo tempo in cui
virtuale e reale, locale e globale, tecnologia
e natura si possono
intrecciare
in modo semplice e
armonioso,
se appena ci
ricordiamo che al
centro
stanno gli incontri, le relazioni, le
persone.
Celtis australis, bagolaro |
Per
me,
è
un bel ritorno ai tempi
antichi
– a cavallo tra
gli anni 80 e 90
del secolo scorso -
della “Natura
in città”,
“La
Meravigliosa Storia del
Pino degli Aghi Lunghi e dei Suoi Amici”,
“È
interessante la Pigna Volante?”,
quando
conducevo progetti di animazione
ambientale
con
i bambini della scuola
dell’infanzia
e
imparavo con loro, tra
scienza,
esperienza, emozione, come
è
naturale
per il
bambino piccolo, ancora “nativo
scienziato”
e poi spesso non è più negli stanchi e ripetitivi apprendimenti
successivi, che toccano solo
marginalmente le
nostre vite e ai più non interessano.
Carpinus betulus, carpino, semi verdi |
Riconoscere
alberi, fiori, erbe non è facile, non solo perché sono tanti,
diversi nelle specie e anche negli individui, ma anche perché questi
esseri vivi cambiano con il tempo e le stagioni, esattamente come noi
umani,
che
possiamo avere i capelli più lunghi o corti, i baffi e la barba,
vestiti diversi, o anche crescere di statura nell’età bambina o
incurvarci nella vecchiaia, ma siamo sempre noi! Per questo per i
bambini
in particolare, che sentono una naturale
empatia con
il mondo vivente,
è
gioia scoprire
nell’albero
amico
il nuovo germoglio, il fiore appena spuntato o che
sta ormai
appassendo,
il frutto acerbo che dopo un po’ si ripassa di lì ed
è maturo.
Raccogliere
e fare
ordine
tra le foto è ancora meno facile. Oggi tutti riempiamo i telefonini
di immagini, ma poi non le riguardano, non le selezioniamo, e non
diventano parte della nostra vita come forse
accadeva un tempo con le
vecchie stampe, ma vanno ad affollarsi in quella avvolgente
impalpabile assoluta
ridondanza
di
informazioni,
in
fondo alla
quale
per molti
cittadini degli anni 2000 spesso
è difficile ritrovarsi. Problema
culturale e sociale centrale della nostra epoca, qui solo accennato.
Comunque, anche
se a volte non è il caso di azzardare in modo preciso la specie (OK,
è un olmo,
ma quale?), poi è
bello destreggiarsi tra il
gelso
bianco
e
il gelso nero
(che
ha le more decisamente più more!),
i pruni
e i ciliegi
(ma quanti ce ne sono, e quanto diversi!),
l’albero di Giuda
e il bagolaro,
Fraxinus excelsior, frassino |
e
poi
i semi di acero,
frassino
e carpino,
che diversamente voleranno
tutti
come
elicotteri!
Mi
rendo
conto che ancora l’esperienza con i bimbi delle materne condiziona non
poco il mio modo di guardare
agli alberi,
ma forse mi serve anche per
capirli di più. E, quando li incontro sul mio cammino, è
sempre bello salutarli!