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domenica 25 ottobre 2015

Libri di carta e ebook: “futuro” o ideologia?

Leggo su Facebook un post di Roberto Maragliano. C'è il link a un libro di Tim Parks, un libro di carta, che parla in modo ironico di certe abitudini dei lettori del giorno d'oggi, e da cui è tratta questa citazione, che mi lascia francamente allibito:
«L'e-book, eliminando tutte le variazioni nell’aspetto e nel peso dell’oggetto che teniamo in mano e scoraggiando qualsiasi elemento che possa distogliere la nostra attenzione da un preciso punto della sequenza di parole (la pagina già letta scompare, quella successiva deve ancora apparire), sembrerebbe avvicinarci all’essenza dell’esperienza letteraria più del libro cartaceo (…) . È come se fossimo stati liberati dai fattori estranei capaci di distrarci dal testo e potessimo concentrarci sul piacere intrinseco delle parole . ».
Irrispettosamente, ho commentato: “Eeehhh?”

Ma questo dove e come legge, e cosa scrive? E perché mai in questo mondo così “connesso”, tanta gente si può permettere di prendere la propria personale, particolare, limitata esperienza, o addirittura sensazione, per farne paradigmi generali con cui interpretare tutto quanto il mondo?
Chi ha scritto quelle cose, forse gli ebook li legge con un chip collegato direttamente al cervello, ma io per esempio li leggo per lo più su un tablet, dove mi compaiono avvisi di email e messaggi. La “Costituzione della Repubblica Italiana” ce l'ho addirittura su uno smarphone, così che la lettura mi può essere interrotta da una telefonata. E lo schermo poi, dispositivo Kindle o Kobo, PC, tablet o smartphone appunto, dimensioni e risoluzione, fattore di ingrandimento: ci sono diversi elementi materiali e variabili soltanto relativi allo schermo che si frappongono tra le parole e la lettura di un oggetto immateriale come un ebook!

C'è poi un commento che mi lascia una sensazione ancora più strana. Dice la sua autrice di amare i libri di carta, ma di considerarli la “memoria storica di una modalità di lettura che non mi appartiene più". Uno potrebbe anche pensare "problemi suoi", e invece no! Perché prosegue così:" "Mi spiace solo sapere che la scuola e gli insegnanti non riescano ad adeguarsi a questo nuovo mondo digitale".

Adeguarsi, “mondo digitale”? Ho paura! E faccio qui due considerazioni.

Il libro da taluni veniva dato per morente già nei primi anni Ottanta, con l'apparizione delle video cassette. Che cosa c'entrano il libro e le video cassette, va a saperlo, ma è un segno di come, più dei ragionamenti e delle considerazioni tecnologiche, in certi discorsi valga l'ideologia! Ci si fissa in testa un'idea di "futuro" e le capacità di pensiero critico si dissolvono come fumo al vento.
Di fatto, sono scomparse nel frattempo le video cassette, sia dai video registratori che dalle videocamere; sono a rischio di scomparsa i dischi ottici, CD audio, CD ROM, DVD video ecc., inglobati in quel mostro divora tutto che è il cloud, (e a mio modesto parere c'è da augurarsi per il bene dell'umanità che non succeda mai, perché il cloud, a differenza dei personal computer e del World Wide Web, ha i suoi padroni!); sono inutilizzabili le prime enciclopedie digitali uscite a suo tempo su dischetti da 3”1/2 e anche quelle che si basavano sulla compatibilità con Windows 3.1; sono scomparse le musicassette e i walkman; i dischi di vinile sono diventati una cosa puramente sfiziosa come le carrozze a cavalli per i turisti di Roma; i vecchi televisori attaccati all'antenna non vanno più senza un decoder; sono passate talmente velocemente che nessuno se ne è accorto tecnologie che al loro apparire venivano annunciate come il “futuro”: videodischi laser analogici; musicassette digitali; mini disc, cassette professionali audio DAT... e che altro?
Di tutti i media che negli ultimi decenni abbiamo usato, uno solo è rimasto: il libro!

Vero è che, dopo decenni di tentativi maldestri, formati improbabili e scomodi che, dopo i primi approcci entusiasti, ci facevano abbandonare l'idea di leggere per esempio i “capolavori della letteratura straniera” o la “poesia del mondo” in CD ROM, gli attuali ebook sono per il libro di carta un concorrente serio e agguerrito (finalmente!) Ma la ragione per cui, pur perdendo il ruolo quasi esclusivo che ha avuto per diversi secoli, il libro di carta non scomparirà mai, è molto semplice, ed è tecnica, il suo sistema operativo: il libro è l'unico medium che si interfaccia direttamente agli umani, senza elettricità, senza “lettori”, senza il pericolo che domani qualcuno (qualcun altro, non noi!) ci cambi le carte in tavola, e succeda come per quel software multimediale che io userei ancora perché così non ne fanno più, ma non gira su Windows a 64 bit, o come sta accadendo – mi dicono – a quelli che hanno aggiornato il Mac al sistema X Yosemite, e che si ritrovano con metà dei programmi che non vanno più!






E a certi cantori odierni del digitale senza se e senza ma, vorrei chiedere di riflettere se possa essere davvero considerata una “rivoluzione” un mondo di utenti che leggono i libri e i giornali e guardano i video su un tablet, del tutto ignari che con la tecnologia di oggi tutti noi potremmo scrivere e pubblicare i libri e i giornali, e fare la televisione, a ottimi livelli.
Il problema è che si continua in modo acritico (e a questo punto direi perfino sospetto) a fare confusione tra “tecnologia” e marketing, e che il trend industriale oligopolistico degli ultimi anni sta scavando un solco incolmabile tra una élite sempre più piccola di produttori e la gran massa dei consumatori, a cui si propinano aggeggi usa e getta che non richiedono più nessun tipo di competenza per essere “usati” (a un centesimo delle loro possibilità, ma questo è un dettaglio!) Esattamente il contrario di quello che negli anni Ottanta e Novanta sembrava prospettare la rivoluzione digitale!
E il mio personale pensiero è che in un mondo in cui il consumatore tipo di aggeggi digitali è di fatto sempre più analfabeta, la contrapposizione tra i libri di carta e gli ebook sia tutto sommato un problema secondario!

domenica 14 giugno 2015

Nostalgia o ideologia?



Qualcuno, mentre ripubblico vecchi articoli dove si parla di vecchie macchine e vecchio software, torna a parlarmi di nostalgia.
Succedeva già negli anni Novanta, quando io usavo con i bambini un computer "obsoleto" che si interfacciava direttamente al video, con due cavetti,  e che mettevo tranquillamente in qualsiasi stanza ci fosse una presa di corrente, mentre sulle riviste “aggiornate” spiegavano a maestre e professori basiti come allestire nelle scuole aule apposite dedicate, con pc compatibili abbinati a  speciali convertitori di segnale, che allora costavano da soli più dei computer e che per farli funzionare ci voleva un ingegnere!
Ed è successo tante volte anche dopo, quando il marketing forsennato tagliava e rendeva indisponibili strumenti di lavoro facili ed efficaci, giocando sulla generale non conoscenza da parte degli utenti di quello che con gli aggeggi si può fare. Questo probabilmente ha impedito lo sviluppo di un futuro che poteva essere già presente.
Ma chi mette in discussione la bontà di quello che ci passa il convento (pardon, il mercato), è uno che per definizione guarda “indietro”!

Cioè, se in un gruppo teatrale come quello ha cui ho appena partecipato, gente che mai era stata su un palco se ne esce recitando in inglese con qualità, credo si possa concludere che, qualsiasi altra considerazione a parte, la maestra e regista ci sa fare. Ma se una squadra di calcio non ottiene risultati, di solito si cambia l'allenatore!
La “tecnologia” invece, pare che vada celebrata sempre e comunque, anche se dopo quarant'anni di informatica personale la maggior parte degli utenti, di tutte le età, se si va a guardare veramente, sanno gestire solo in minima parte l’hardware e il software che pure maneggiano ogni giorno. Si continuano a descrivere le cose mirabolanti che, sempre connessi, potremmo fare (prendendo le attività e competenze di una élite ristretta come se automaticamente fossero il “futuro” di tutti!), mentre quasi nessuno si pone seriamente alcune semplici domande su cosa è cambiato davvero (oppure no) nella società e nel mondo, da quando siamo immersi in questa overdose di comunicazione. Per esempio:

-       
È aumentato il livello della comunicazione interpersonale, le persone complessivamente si sentono meno sole?
-        Sulle questioni politiche, culturali, religiose, la possibilità di interagire in rete sempre, comunque e dovunque, aiuta di fatto il dialogo, la conoscenza la tolleranza reciproca?
-        È diminuito il potere dei mezzi di comunicazione di massa tradizionali, come la televisione, che prima dell’avvento della rete potevano influenzare le idee e i comportamenti di cittadini ed elettori, attraverso slogan facili e semplicistici?
-        L’interazione globale continua, che avvicina popoli e culture, ha posto un freno sul pianeta al proliferare di conflitti, integralismi, terrorismo, razzismo?
-        Nel momento in cui tutti possono esprimersi liberamente in rete, è aumentata la consapevolezza che ognuno di noi può essere artefice del proprio futuro, rispetto ai tempi in cui si credeva che le decisioni importanti venissero prese sempre e comunque da un gruppo ristretto di potenti, che controllano indisturbati la politica e l’economia?
-        Abbiamo oggi una maggiore capacità globale di orientare il mercato secondo i nostri reali gusti ed esigenze, in confronto ai tempi in cui tutto si basava sui bisogni indotti dalla pubblicità?
-        Dati i mezzi potenti, facili ed economici a disposizione ormai di chiunque, abbiamo imparato a essere produttori coscienti di informazione, nella società dell’informazione, oppure continuiamo a comportarci da consumatori passivi, come negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso?

Eccetera.

Forse, se proviamo a liberarci dalla coltre inspessita di ideologia che tutti ci avvolge (addirittura una “meta-ideologia”, dato che si basa sull’affermazione che le ideologie non esistono più e propone l’ordine economico e sociale corrente come “naturale”), ci accorgiamo che magari potrebbe essere importante la nostalgia di un futuro assolutamente possibile, che seriamente rischiamo di non vedere mai!