giovedì 8 aprile 2021

La televisione, basta!

È il titolo della seconda canzone che scrivo e pubblico in questi tempi difficili, dopo Social Pandemia. E qualcuno potrebbe annotare questa mia attività musicale tra gli effetti collaterali del periodo, in cui attorno all’emergenza sanitaria sono successe tante cose, belle e meno belle, e si sono svelati lati sconosciuti di persone che conoscevamo in un certo modo, con cui i rapporti si sono approfonditi o viceversa hanno incontrato punti di rottura pesanti e inaspettati.

Primo “urlo”, prima strofa della canzone: la televisione, basta!

Non si può passare le giornate a guardare in TV personaggi che continuamente si parlano addosso, a volte senza ascoltare che cosa dicono, di virus, morti, contagi, paura. Chiaro che poi, oltre al dolore per le persone che a causa di questo male se ne sono andate davvero (a molti sono mancati parenti, amici, a me sono mancati), oltre alle precauzioni che da un anno dobbiamo prendere uscendo di casa (mascherine, distanziamento, lavaggio e disinfezione delle mani) con quel ritornello nelle orecchie rischia di crescere un’angoscia devastante.

Ma anche è insopportabile, ancora di più, di fronte alle difficoltà, gli errori, le incertezze e i timori, trovare in rete quei personaggi saccenti, arroganti, innamorati delle proprie convinzioni oltre i confini di ciò che è umano, che gridano in faccia agli altri che non è vero niente, che siamo tutti dei pecoroni, e danno lezioni al mondo dal loro pulpito di vuoto narcisismo. E intuisci cosa può succedere quando il pensiero, la parola, l’affermazione di verità sempre più inconfutabili si ergono assoluti al di sopra delle persone. Capisci il percorso mentale che può portare al nazismo, ai genocidi.

Secondo “urlo”, seconda strofa della canzone: social network, basta!


Dal punto di vista della
composizione, prendo in mano la chitarra e mi esce un accenno di arpeggio su un unico interminabile accordo, a cui si appoggiano i primi lunghi sei versi di ogni strofa, un quasi recitativo tutto sommato adeguato al poco che possono esprimere con la mia voce, quasi rispettoso delle orecchie di eventuali ascoltatori. Cambio, finalmente dal DO al FA, frase interlocutoria che prepara a quella conclusiva, e di nuovo accordo di DO. Una volta per la prima strofa, due per la seconda. Mi piace.

Poi, la musica dovrebbe aprirsi. Viene, semplicissimo ma ci sta e funziona, arpeggiare ora con un po’ più di convinzione su tre accordi che si ripetono, ad libitum, su cui andrà sviluppata una melodia strumentale, possibilmente di chitarra elettrica, mentre l’accompagnamento attorno si rafforza e ingloba l’arpeggio. E poi ci dovrebbe essere la seconda parte della canzone.


Mando questo primo abbozzo, registrato con il telefonino, al mio amico Piero, che è un musicista vero e mi dice: «Questa è bella!» Poi riempie” la prima parte con una base elettronica e mi manda i primi assoli di chitarra solista. Scambi vari di musiche, video e idee, tentativi di inserire la seconda parte della canzone, prove mie di canto (improponibili), recitativo, con la chitarra sullo sfondo, e alla fine ci rinuncio: non ci sarà una seconda parte! Chiedo a Piero di togliere gli “uccellini” che a un certo punto aveva aggiunto al suo assolo, perché ho deciso di rendere per immagini quello che doveva essere il testo della seconda parte e metterò l’airone sul tetto, la folaga che sbadiglia, non voglio gli uccellini! Problema di computer che danno i numeri, tracce che si perdono, assolo rifatto, troppo cupo, troppo alto: abbassa quella chitarra! Alla fine, il risultato è quello che si sente nel videoclip pubblicato.

A parte che la qualità della prima registrazione audio con il telefonino era inopinatamente buona (e per chi negli anni si è procurato, accuratamente selezionandole, attrezzature audio video sofisticate e costose la situazione è alquanto beffarda, e uno un po’ si incazza anche!), c’era la voce troppo bassa rispetto alla chitarra, le incertezze da prima esecuzione, e poi soprattutto mi serviva qualcosa da sincronizzare con il video, che in questo caso ho realizzato con 5 macchine da presa (due videocamere quasi “serie”, una meno seria ma comunque HD, una GoPro e uno smartphone). Ovviamente, quando sei lì che fai tutto da solo, anche se cerchi le soluzioni più semplici, accendere nell’ordine le luci, i dispositivi video, il registratore, qualcosa sempre sbagli, una nota, un’inquadratura, la pronuncia di una parola, e non è che puoi rifare 20 volte. Alla fine, la “s” di “social network” sibila paurosamente e riesco perfino– anche se chi ascolta probabilmente non se ne accorge – a pronunciare la parola “miliardi” con una improbabile erre moscia che mai mi era venuta così in tutta la mia vita!



Per la registrazione audio, visto che ce l’ho, è comodo da montare su un treppiede all’altezza giusta tra voce e chitarra, si può regolare nel volume e tutte quelle cose lì, uso un
registratore digitale compatto che, costando anche meno di un telefonino, garantisce una gestione del sonoro molto più flessibile. Se servisse, potrei combinare il microfono stereo incorporato con due microfoni professionali esterni, sovrapporre e combinare tracce: decisamente un bell’aggeggio!

Per i videoclip uso immagini che ho. Parto dai gattini protagonisti dei social network, i miei e altri filmati in giro, espressivi, per concludere con gatto Nocciolino che gioca con il tablet. Poi uccelli: upupe che zampettano nel giardino sotto casa, lo smergo femmina e l’airone cenerino di scorcio nel loro naturale ambiente palustre. Ma l’airone sta anche in bella posa sulla casa del camino di fronte, un giorno si era posato lì, l’ho filmato, mentre nel finale è a caccia nel laghetto, e anche la folaga immerge il becco e pesca e scarta un rametto nell’acqua… Accostate in un certo modo queste immagini evocano forse qualcosa, oltre la TV e i social network, cioè natura, realtà, vita che ha una sua bellezza e soprattutto un suo senso oltre le trasmissioni video, le connessioni, il nostro volerci sempre mettere in primo piano al centro della scena, in quanto umani o meglio immagini di umani, talmente ansios

i di riempire tutto da perdere significato (perché sono immagini tutto sommato vuote) Ci sono anche insetti che mangiano, cercano in volo tra i fiori, o si svelano per brevi attimi in forme, colori, gesti e movenze affascinanti. E in mezzo gli aerei Canadair filmati un giorno che pescavano l’acqua del lago di Garda per spegnere un incendio sulla montagna vicina. Mi è piaciuto metterli, non so quanto ci stiano tra uccelli e insetti, ma credo di sì, fanno qualcosa di simile..

Quanto siano significative o meno queste immagini, insieme con la musica, è un fatto soggettivo, ma nel montare tutto insieme mi è sembrato che qualcosa riuscissero a trasmetterlo. Lo spiegavo a Piero, mentre lui metteva insieme tutto il missaggio sonoro, che non intendevo la musica da sola, che il video era parte integrante del discorso da trasmettere: “Mandami te che suoni!” e il punto di vista dal centro della chitarra è molto bello, oltre le aspettative. Qualcosa anche di noi, tra lunghi “titoli di coda” esplicativi. Penso a quei videoclip in cui si vede in fondo solo gente che balla e questo è decisamente mio! 😁

Ci vado davvero poco ultimamente
nelle reti sociali (basta!), ma il videoclip sui YouTube, questo articolo qui nel blog, i link per le cerchie di amici. Non da ossessivo compulsivo, spero. Cercando di trovare qualcosa da dire, possibilmente non banale , entro un panorama più aperto, la musica, il mondo naturale, la possibilità chissà di inventare e costruire insieme, un pezzettino per volta, per un mondo più sincero e più vero.


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