martedì 29 ottobre 2019

App generation

Di solito faccio questo esempio, su come la tecnologia sta “cambiando” il nostro immaginario riguardo al futuro.
Scena prima, anni Ottanta. Il cinema ci racconta storie di ragazzini che giocando dalla propria cameretta con i computer e la rete (che ancora praticamente non c’era!) già violano gli archivi militari e della NASA, rischiano di provocare guerre mondiali, o eventualmente salvano il pianeta dalla catastrofe. Messaggio: nel futuro prossimo, anche per le persone comuni si aprono scenari prima impensabili, dato il potere che a chiunque ormai può dare la tecnologia.
Scena seconda, anni 2020, quasi. La pubblicità ci mostra un gruppo si ragazzotti rientrati a casa dopo una giornata di divertimento, e nessuno ha voglia di spadellare. Muovono il ditino su uno smartphone e ordinano una pizza! Messaggio: nel futuro faremo esattamente le stesse cose che facevano prima, ma invece di uscire di casa o telefonare, useremo il telefonino! Anche per accendere le luci, regolare il riscaldamento, alzare o abbassare le tapparelle!
Decisamente, le aspettative su come la tecnologia può cambiare la nostra vita si sono notevolmente ridimensionate!

Rispetto al tempo in cui incontravamo la macchine digitali soprattutto nei programmi per pc, o anche in videogiochi sempre più complessi ed elaborati, un discorso generale che si può fare sulle attuali app per dispositivi mobili è che, offrendo generalmente soluzioni già pronte e non richiedendo per funzionare particolari studio o applicazione, non stimolano la curiosità e le competenze degli utenti, ma consentono l’accesso e l’uso, al pari dei social network, anche ai pigri e agli “analfabeti”. Sembra così tra l’altro che – effetto collaterale interessante – per la prima volta da decenni le ultimissime generazioni appaiano meno competenti in tecnologia di quelle che le hanno immediatamente precedute. Osservazione empirica che ovviamente andrebbe verificata con studi appropriati, a sfatare forse in modo definitivo la favola di generazioni automaticamente e sempre più competenti in tecnologia.

Direi che ci sono sono fondamentalmente due tipi di app: quelle che sfruttano effettivamente le potenzialità dei nostri dispositivi, consentendoci operazioni altrimenti impossibili o complicatissime, e quelle che sostanzialmente ci danno accesso a servizi attraverso la rete.
Le seconde sono senz’altro utili se ci connettono direttamente al nostro gestore telefonico, alla banca, a servizi in generale personali e che usiamo spesso. Ma se per ogni negozio on line, ogni agenzia di viaggi, ogni rete di chissà cosa a cui accediamo una volta ogni tanto, dovessimo ascoltarli quando ci diconoscarica la mia app!”, ci riempiremmo il telefonino di nulla, quando potremmo all’occorrenza semplicemente utilizzare un browser e le relative pagine web, salvando eventualmente gli indirizzi tra i”preferiti”: un programma solo invece che decine! C’è anche un pericolo effetto culturale collaterale, da non sottovalutare. L’app diretta allontana dall’utente comune l’idea che esiste una rete, è un ritorno, sotto altra forma, all’elenco telefonico. Futuro?

Tra le applicazioni che servono invece per fare qualcosa, alcune, nella loro semplicità, sono davvero magnifiche, e qui cito alcuni esempi tra quelle che uso personalmente.
Le app “sportive” consentono di registrare, monitorare, condividere i propri allenamenti, corse, camminate, giri in bicicletta: mappe delle strade che ho fatto, velocità, salite, calorie e grassi consumate, a volte al limite del maniacale, perfino la frequenza cardiaca, in abbinamento con altri accessori.
Con le appnaturalistiche”, se fai la foto a una pianta o a un insetto, ti colleghi a una base di dati che istantaneamente ti suggerisce che cosa potrebbero essere! Se punti il telefono verso il cielo di notte, puoi riconoscere le stelle.
Tra le app per il cittadino consumatore, ci sono quelle in cui si possono raccogliere tutti i codici a barre delle “carte fedeltà che ci vengono date da quasi ogni negozio e catena, così che invece che occupare un esercito di portafogli se ne stanno tutte lì, nel telefonino, e non si corre il rischio, quando servono, di averle lasciate a casa. Altre, sempre attraverso la scansione del codice a barre del prodotto, consentono di avere istruzioni dettagliate per la raccolta differenziata. Puntando per esempio una confezione di yogurt, ti dicono: “Fascetta: carta”, linguetta: lattine”, vasetto: plastica”.
App sociali consentono di monitore in tempo reale l’ambiente, segnalare discariche abusive o scarichi illegali, di mettersi in rete con altri in tutto il mondo, per partecipare insieme nel segno della cittadinanza attiva.
Abbiamo grandi strumenti nelle nostre mani e, al solito, l’uso che ne facciamo dipende da noi!


photo credit: KROCKY MESHKIN <a href="http://www.flickr.com/photos/101119516@N04/48920590091">Grand Selfie #3</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/">(license)</a>

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