In
questi giorni, quando in
TV
passano i
servizi sulle novità
tecnologiche,
cambio canale, oppure spengo. Non ce la faccio, non voglio sapere!
Dato
che di
queste cose in
fondo mi occupo
e scrivo,
anche libri
nel corso di tanti anni,
poi qualcosa andrò a vedere. Ma mi è estremamente difficile
condividere non solo il
rituale entusiasmo
di maniera, ma anche la
fiducia che tutte queste idee e novità serviranno a qualcosa nel
mondo che verrà.
Mi
spiego, negli
ultimi 40 anni
si sono viste idee sempre più incredibili che – lasciamo perdere
le cose per specialisti – offrivano a
ognuno di noi,
a chiunque praticamente, anche ai bambini, possibilità
da fantascienza,
il potere veramente, se imparate nel modo giusto, di cambiare il
mondo in senso partecipativo, condiviso, democratico, ampliando
i sensi e la mente oltre i confini dell’immaginazione.
Ma,
a
conti fatti, il
risultato
complessivo è che
a
tutt’oggi il
cittadino medio della società dell’informazione non sa nemmeno
tagliare
una fotografia!
Non solo non sa come si fa, ma spesso
nemmeno
immagina che può
farlo. Perfino
i cosiddetti
“nativi
digitali”,
stanno crescendo ormai
sempre più
con l’idea che la “tecnologia” stia nel consumare, usare,
applicare, app ed effetti pensati
da altri, prodotti da altri e offerti gratis o a pagamento, ma che
comunque
ci
si procura sul
mercato. Praticamente
niente che nasca da noi e dalle nostre autonome capacità o idee.
Mentre
la maggioranza
degli
umani
spreca
la
più grossa occasione
di
democrazia della storia, il
web,
cazzeggiando
e litigando
sui social
newtwork,
soli e isolati, o
arroccati nel proprio gruppo identitario, e arrabbiati,
infelici,
con
poche o nulle
speranze
di poter contare qualcosa nella vita reale, in politica, in economia.
Tanto
che sempre più nel
mondo “digitale”
c’è
chi corre
dietro a facile
e vecchi
slogan populisti
e
si
affida, come
da
sempre nei
periodi più bui,
agli “uomini
forti”.
Sarà
per questo che mi risulta stucchevole,
addirittura irritante, leggere quello che scrivono certi
specialisti su
ciò
che “potremo
fare” grazie
agli sviluppi della tecnologia.
Chi lo
farà,
quando, e
con
quale alfabetizzazione di base?
Sarebbe
interessante andare a vedere
a ritroso,
lungo gli anni, gli articoli e i
reportage dalle fiere della tecnologia
e segnare quello che poi in
effetti
è passato, non nelle applicazioni professionali, militari,
specializzate, ma
nella vita di tutti i giorni. La
fiera dello spreco,
l’eliminazione sistematica dal “mercato” di tutto ciò
che spiazzava le
aspettative più banali
(e quindi più redditizie, quelle che fanno vendere di più) del
consumatore medio. Il “futuro” che stiamo realizzando è in larga
misura quello immaginato negli anni Sessanta, i
cartoni animati dei “Pronipoti”:
automobili che si guidano da sole, robot e macchine che rispondono a
comandi vocali, per non parlare del Grande
Fratello
che tutto spia e conosce, e non perché una dittatura crudele ce lo
impone, ma perché noi stessi, beati e incoscienti, offriamo al
pubblico e
al mercato ogni
momento e
particolare della
nostra vita.
L’ho
scritto, lo ripeto, e spero in futuro di riuscire anche ad essere più
convincente: per fortuna basta molto poco, un cambio minimo di
atteggiamento, per ribaltare questo quadro fosco e disperato e
incominciare a riprenderci
la tecnologia,
da cittadini
consapevoli e attivi.
Io lo sperimento continuamente con
i bambini
e c’è tanta gente che nel mondo lavora nella direzione giusta. È
di questo lavoro, di come si possono usare davvero
gli
aggeggi digitali invece che esserne usati, che dovremmo parlare molto
di più, piuttosto che continuare a descrivere
lo sviluppo della tecnologia
come se seguisse strade sue autonome, a cui noi umani non possiamo
fare altro che adeguarci.
Anche
perché, a dispetto di chi già decenni fa annunciava l’imminente
avvento di generazioni di cyborg, i più con gli aggeggi digitali al
massimo ci ordinano una pizza! Mentre per milioni di umani sta
diventando ormai più
facile procurarsi uno smarphone che l’acqua da bere.
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