domenica 14 giugno 2015

Nostalgia o ideologia?



Qualcuno, mentre ripubblico vecchi articoli dove si parla di vecchie macchine e vecchio software, torna a parlarmi di nostalgia.
Succedeva già negli anni Novanta, quando io usavo con i bambini un computer "obsoleto" che si interfacciava direttamente al video, con due cavetti,  e che mettevo tranquillamente in qualsiasi stanza ci fosse una presa di corrente, mentre sulle riviste “aggiornate” spiegavano a maestre e professori basiti come allestire nelle scuole aule apposite dedicate, con pc compatibili abbinati a  speciali convertitori di segnale, che allora costavano da soli più dei computer e che per farli funzionare ci voleva un ingegnere!
Ed è successo tante volte anche dopo, quando il marketing forsennato tagliava e rendeva indisponibili strumenti di lavoro facili ed efficaci, giocando sulla generale non conoscenza da parte degli utenti di quello che con gli aggeggi si può fare. Questo probabilmente ha impedito lo sviluppo di un futuro che poteva essere già presente.
Ma chi mette in discussione la bontà di quello che ci passa il convento (pardon, il mercato), è uno che per definizione guarda “indietro”!

Cioè, se in un gruppo teatrale come quello ha cui ho appena partecipato, gente che mai era stata su un palco se ne esce recitando in inglese con qualità, credo si possa concludere che, qualsiasi altra considerazione a parte, la maestra e regista ci sa fare. Ma se una squadra di calcio non ottiene risultati, di solito si cambia l'allenatore!
La “tecnologia” invece, pare che vada celebrata sempre e comunque, anche se dopo quarant'anni di informatica personale la maggior parte degli utenti, di tutte le età, se si va a guardare veramente, sanno gestire solo in minima parte l’hardware e il software che pure maneggiano ogni giorno. Si continuano a descrivere le cose mirabolanti che, sempre connessi, potremmo fare (prendendo le attività e competenze di una élite ristretta come se automaticamente fossero il “futuro” di tutti!), mentre quasi nessuno si pone seriamente alcune semplici domande su cosa è cambiato davvero (oppure no) nella società e nel mondo, da quando siamo immersi in questa overdose di comunicazione. Per esempio:

-       
È aumentato il livello della comunicazione interpersonale, le persone complessivamente si sentono meno sole?
-        Sulle questioni politiche, culturali, religiose, la possibilità di interagire in rete sempre, comunque e dovunque, aiuta di fatto il dialogo, la conoscenza la tolleranza reciproca?
-        È diminuito il potere dei mezzi di comunicazione di massa tradizionali, come la televisione, che prima dell’avvento della rete potevano influenzare le idee e i comportamenti di cittadini ed elettori, attraverso slogan facili e semplicistici?
-        L’interazione globale continua, che avvicina popoli e culture, ha posto un freno sul pianeta al proliferare di conflitti, integralismi, terrorismo, razzismo?
-        Nel momento in cui tutti possono esprimersi liberamente in rete, è aumentata la consapevolezza che ognuno di noi può essere artefice del proprio futuro, rispetto ai tempi in cui si credeva che le decisioni importanti venissero prese sempre e comunque da un gruppo ristretto di potenti, che controllano indisturbati la politica e l’economia?
-        Abbiamo oggi una maggiore capacità globale di orientare il mercato secondo i nostri reali gusti ed esigenze, in confronto ai tempi in cui tutto si basava sui bisogni indotti dalla pubblicità?
-        Dati i mezzi potenti, facili ed economici a disposizione ormai di chiunque, abbiamo imparato a essere produttori coscienti di informazione, nella società dell’informazione, oppure continuiamo a comportarci da consumatori passivi, come negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso?

Eccetera.

Forse, se proviamo a liberarci dalla coltre inspessita di ideologia che tutti ci avvolge (addirittura una “meta-ideologia”, dato che si basa sull’affermazione che le ideologie non esistono più e propone l’ordine economico e sociale corrente come “naturale”), ci accorgiamo che magari potrebbe essere importante la nostalgia di un futuro assolutamente possibile, che seriamente rischiamo di non vedere mai!

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