Qualcuno, mentre ripubblico vecchi
articoli dove si parla di vecchie
macchine e vecchio software, torna a parlarmi di nostalgia.
Succedeva già negli anni Novanta, quando io usavo con i
bambini un computer "obsoleto" che si interfacciava direttamente al video,
con due cavetti, e che mettevo
tranquillamente in qualsiasi stanza ci fosse una presa di corrente, mentre sulle riviste “aggiornate” spiegavano a
maestre e professori basiti come allestire nelle scuole aule apposite dedicate,
con pc compatibili abbinati a speciali
convertitori di segnale, che allora costavano da soli più dei computer e
che per farli funzionare ci voleva un ingegnere!
Ed è successo tante volte anche dopo, quando il marketing forsennato tagliava e rendeva indisponibili strumenti di lavoro facili ed efficaci,
giocando sulla generale non conoscenza da parte degli utenti di quello che con
gli aggeggi si può fare. Questo probabilmente ha impedito lo sviluppo di un
futuro che poteva essere già presente.
Ma chi mette in discussione la bontà di quello che ci passa il convento
(pardon, il mercato), è uno che per definizione guarda “indietro”!
Cioè, se in un gruppo teatrale
come quello ha cui ho appena partecipato, gente che mai era stata su un palco
se ne esce recitando
in inglese con qualità, credo si possa concludere che, qualsiasi altra
considerazione a parte, la maestra e regista
ci sa fare. Ma se una squadra di calcio non ottiene risultati, di solito si
cambia l'allenatore!
La “tecnologia” invece, pare che vada celebrata sempre e comunque,
anche se dopo quarant'anni di informatica personale la maggior parte degli
utenti, di tutte le età, se si va a guardare veramente, sanno gestire solo in
minima parte l’hardware e il software che pure maneggiano ogni giorno. Si
continuano a descrivere le cose
mirabolanti che, sempre connessi, potremmo fare (prendendo le attività
e competenze di una élite ristretta come se automaticamente fossero il “futuro”
di tutti!), mentre quasi nessuno si pone seriamente alcune semplici domande su cosa è cambiato davvero (oppure no) nella
società e nel mondo, da quando siamo immersi in questa overdose di comunicazione. Per esempio:
-
È aumentato il livello della comunicazione interpersonale, le
persone complessivamente si sentono meno sole?
-
Sulle questioni
politiche, culturali, religiose, la possibilità di interagire in rete
sempre, comunque e dovunque, aiuta di fatto il dialogo, la conoscenza la
tolleranza reciproca?
-
È diminuito il potere dei mezzi di comunicazione di massa tradizionali, come la televisione,
che prima dell’avvento della rete
potevano influenzare le idee e i comportamenti di cittadini ed elettori, attraverso
slogan facili e semplicistici?
-
L’interazione globale continua, che avvicina
popoli e culture, ha posto un freno sul pianeta al proliferare di conflitti, integralismi, terrorismo, razzismo?
-
Nel momento in cui tutti possono esprimersi
liberamente in rete, è aumentata la
consapevolezza che ognuno di noi può essere artefice del proprio futuro,
rispetto ai tempi in cui si credeva che le decisioni
importanti venissero prese sempre e comunque da un gruppo ristretto di potenti, che controllano indisturbati la
politica e l’economia?
-
Abbiamo oggi una maggiore capacità globale di orientare il mercato secondo i nostri reali gusti
ed esigenze, in confronto ai tempi in cui tutto si basava sui bisogni indotti dalla
pubblicità?
-
Dati i mezzi potenti, facili ed economici a disposizione
ormai di chiunque, abbiamo imparato a essere produttori coscienti di informazione, nella società dell’informazione,
oppure continuiamo a comportarci da consumatori passivi, come negli anni
Cinquanta e Sessanta del secolo scorso?
Eccetera.
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