lunedì 13 luglio 2015

Generazione iStupid? Che fine hanno fatto le videocamere?

Prosegue il recupero degli articoli che avevo a suo tempo pubblicato in My Blog. Questo è del  21 aprile 2013 e lo sottoscrivo interamente!

Profetico Ivan Illich, quando nel 1981 descriveva le nuove povertà della società del benessere:
«…quello stato di opulenza frustrante che s’ingenera nelle persone menomate da una schiacciante soggezione alle ricchezze della produttività industriale. Essa non fa altro che privare le sue vittime della libertà e del potere di agire autonomamente, di vivere in maniera creativa; le riduce a sopravvivere grazie al fatto di essere inserite in relazioni di mercato».
Crisi economica a parte, che rende ancora più grottesco certo bieco consumismo, direi che ci siamo in pieno.
Rimandando a un altro articolo una piccola riflessione amara sui nuovi iMac “ultrasottili” (che li puoi passare sotto la porta ma non hanno più il lettore DVD: una autentica controrivoluzione fatta passare per “innovazione”!), in questi tempi di confusione totale e di ideologia modaiola imperantechi nella sua storia di vita ha acquisito le giuste competenze, magari ingegnandosi e mettendo assieme pezzi diversi presi di qua e di là, può fare davvero di tutto e di più, a livelli di eccezionale qualità. Chi non le ha acquisite, o arriva oggi, a cominciare dai cosiddetti nativi”, rischia di ritrovarsi condannato a una totale passività, perché alla ridondanza di possibilità teoriche non corrispondono gli stimoli adeguati che, per varie strade, conducono una persona a intuire, capire, appassionarsi, approfondire.

Prendiamo il video. Se è vero che oggi di possono usare molti strumenti diversi, senza sostanziali problemi di qualità, per il neofita l’approccio più naturale rimane quello attraverso la videocamera, strumento al video specificamente dedicato e che consente a chiunque in poco tempo di ottenere risultati di grande soddisfazione: impugnatura ergonomica, display orientabile, zoom con messa a fuoco dalla lente dell’obiettivo all’infinito, possibilità di fissarla comodamente su un treppiede, come pure di collegarla a un monitor per vedere grande, come in uno studio TV.
videocamera.jpgIl bambino piccolo ha generalmente timore rispetto al mezzo e preferisce averla sul cavalletto, perché quello che gli interessa di più non è fare effettivamente un video, ma giocare a guardare dentro nel piccolo schermo, o nel mirino, con eccitazione e curiosità: esattamente uguale oggi come 20 o 30 anni fa.
I bambini più grandi, i giovani e gli adulti (esattamente come ai tempi del super 8 negli anni 70!) tendenzialmente prendono in mano la macchina da presa e guardano di qua e di là senza metodo, come si guarda con gli occhi, ottenendo immagini per lo più orribili e confuse. E oggi che la produzione di video è alla portata di tutti con una quantità di aggeggi diversi, questo induce nei più la convinzione che agli utenti normali non è concesso fare video decenti, ma al massimo mettere su YouTube i nostri scherzi: nulla a che vedere con le cose professionali!

La macchina sul cavalletto invece, serve a dimostrare in pochi istanti che anche le nostre riprese possono essere perfette, se la si muove nel modo giusto o ancora meglio se non la si muove affatto. E chi si abitua alla qualità delle riprese sul cavalletto, dopo anche a mano riuscirà a produrre immagini prima impensabili, anche con dispositivi meno ergonomici, come lo smartphone o l’iPad.
Per questo, una educazione al linguaggio video (che insieme con la fotografia, la lettura la scrittura, il far di conto e la manipolazione del suono fa parte della alfabetizzazione di base nella società della informazione) è opportuno che parta dalla strumento videocamera. Poi quando uno ha imparato, potrà usare quello che vuole. *
Tra le varie cose preoccupanti di questi tempi confusi, dopo anni di fiera delle inutilità (tipo le macchine che usavano come supporto il mini-DVD, una cosa del tutto priva di senso dal punto di vista tecnico) e feedback nullo da parte di una utenza di massa mantenuta a bella posta analfabeta, c’è oggi la progressiva scomparsa delle videocamere dagli scaffali dei negozi…

NOTA POST: 2 anni fa, prima versione di questo articolo, non era ancora così generalizzato l'uso delle macchine fotografiche reflex per realizzare video semi professionali. Il discorso però vale lo stesso, dato che qui si sta parlando di un approccio di base (e resta comunque da vedere se nel rapporto prezzo prestazioni le reflex siano davvero convenienti rispetto a una videocamera prosumer. Personalmente, a parte la gran cosa del mirino ottico, non credo!). Dirò solo che, se ovviamente è vero che anche le fotocamere stanno bene su un cavalletto, dal punto di vista display, ergonomia, sonoro, silenziosità dello zoom,  una videocamera vera e propria è di solito molto più versatile e performante, per fare i video, di una macchina fotografica dello stesso prezzo. 

giovedì 9 luglio 2015

Il futuro che abbiamo perso? Il software autore 2

…  continua


Riprendo qui la seconda parte di questo discorso, che già era stato pubblicato per la prima volta in My Blog il 22 settembre 2012

Nei primi Novanta, lo stato dell’arte della multimedialità era Scala, su piattaforma Amiga. Costava caro e aveva bisogno appunto di un Amiga (o di una console CD32) per riprodurre i prodotti realizzati, con l’aggiunta di un dongle (chiave hardware). Pare che IBM nelle fiere, esponendo al pubblico i suoi PC compatibili, usasse degli Amiga nascosti che facevano girare le relative presentazioni realizzate con Scala! Ma Amiga era un sistema proprietario di Commodore, che nel 1994 dichiarò fallimento.
Io, non potendo permettermi Scala, presi un bel programmino realizzato in Svezia, Image Vision. La cosa interessante era che vendevano anche un “convertitore” per MS-dos, in modo che i prodotti realizzati avrebbero potuto girare tranquillamente sui PC. Ci fu uno scambio di lettere (cartacee, la vecchia snail-mail!) con i realizzatori, perché quel programma di conversione costava molto di più del software autore stesso, e io non potevo permettermelo. Credo che – non solo in riferimento a me – persero una ghiotta occasione!
Questa storia tradotta in video comunque, Il drago secolare, fu realizzata proprio con Image Vision, nei tempi brevissimi di un centro estivo, nel 1996,  assemblando sfondi, anim-brushes, ambienti 3d presi da collezioni su CD ROM, e realizzando veloci animazioni con Brilliance.


Finì Amiga, i pc (dieci anni dopo!) diventarono adulti e multitasking con Windows ’95. Mentre i vecchi CD ROM di Scala MM400 e di DeLuxe Paint 5 per Amiga ormai te li tiravano dietro, Scala stesso emigrava su PC (MM100, MM200), sempre facile e mitico (addirittura anche in italiano!), più accessibile, meno protetto, e usabile praticamente – parlo per esperienza diretta – dai bambini di quarta elementare da soli, dopo un quarto d’ora di presentazione. Nella nascente rete, insegnanti si scambiavano consigli sui comandi e i trucchi di Toolbook, da cui derivò anche un programma esplicitamente per bambini, Amico, carino ma, almeno nei miei ricordi img312.jpgdi allora, alquanto rigido. Tutto italiano e per le scuole nacque Incomedia, mentre attraverso le demo delle riviste si diffondeva un altro programma dalle ampie potenzialità, Illuminatus. Se i professionisti intanto migravano in massa verso il nuovo principe dei software autore, difficile ma potentissimo: Macromedia Director, altri programmi si affollavano attorno a quella che, personalmente, considero il momento più alto della possibile alfabetizzazione informatica di massa. Dopo – nonostante l’esplosione del web e il proliferare delle pagine personali e dei blog multimediali – è stata complessivamente regressione, dato che l’utente “normale”, pur avendola intravista, sembra aver rinunciato alla possibilità di fare davvero con i mezzi digitali. Oggi compra apps sempre più specifiche, che girano su dispositivi meno impegnativi dei computer, prodotti che spesso svolgono ognuno funzioni che, tutte insieme, non sarebbe difficile ritrovare in un unico software per es. di grafica. Scomposte, divise, consumate come “giochini” a sé stanti, queste funzioni allontano l’orizzonte di altre combinazioni possibili, la curiosità, l’apprendimento, l’invenzione.
La mia idea – e qui sarebbe davvero una bella cosa raccogliere intorno a questo piccolo blog una serie di pareri – è che tutto derivi da una impostazione errata dell’approccio allo strumento computer. E’ risultato più comodo, culturalmente e commercialmente, insegnare programmi e procedure per fare cose già stabilite. Ma il personal computer, per sua natura – a parte ovviamente gli specifici ambiti lavorativi – non serve per fare cose cose stabilite e non si insegna. Essenzialmente si scopre, si auto apprende, capendo man mano per quali attività della nostra vita può servire. E in base alle nostre esigenze, gusti, competenze, risorse, il software prima si cerca e poi si sceglie! Tutto un altro discorso dal sapere trasmissivo e televisivo a cui siamo abituati.